Lena Dunham, Girls e il femminismo 3.0

Il 2013 è stato l’anno di Papa Francesco, del Royal Baby, di Jennifer Lawrence che inciampa nel suo Dior mentre sale la gradinata per prendere l’Oscar. Ma è stato anche l’anno di Lena Dunham, giovane attrice/creativa/scrittrice che è riuscita a conquistarsi un posto nel dorato mondo dello spettacolo grazie al suo talento, alla sua genialità e al suo disturbo ossessivo compulsivo.

source: Instagram @lenadunham
source: Instagram @lenadunham

Ho conosciuto Lena Dunham attraverso Facebook e Twitter, perché i diversi magazine online d’oltreoceano che seguo, da quelli di moda, tv e cinema a quelli di news generiche, sembrano non fare altro che parlare di Lena Dunham, della sua fisicità non proprio statuaria e di una genialità rara, quella che nasce direttamente da un disturbo mentale che, come insegna la storia, ha segnato la vita di illustri personaggi. Allora mi sono documentata, prendendo visione della tanto celebrata serie targata HBO Girls e dell’altrettanto celebrato lungometraggio della Dunham, Tiny Furniture (2010). Ho letto di lei su Wikipedia, scoprendo il suo lato femminista e sostenitore dei matrimoni gay, e ho dato un’occhiata alla sua recente partecipazione al Saturday Night Live, “casa” di un altro mostro femminile della scrittura televisiva comedy, Tina Fey.

In tutti i contesti, diversi ma uniti nella pretesa di essere “comedies” e sempre incentrati sulla Dunham stessa, quest’ultima riesce con grazia e maestria a darci uno spaccato non indifferente non solo delle ragazze tra i venti e i trent’anni, chiuse in una sorta di limbo in cui cercano di capire loro stesse, ma di una vera e propria generazione che è in divenire, sempre connessa ma con sempre meno punti di riferimento. Se uno dei dettami di ogni scrittore in erba è “mai parlare di te stesso”, la Dunham se ne è altamente fregata, dando vita al personaggio di Hannah Horvath, la protagonista di Girls, e plasmandolo a sua immagine e somiglianza: anche lei scrittrice, anche lei affetta da un disturbo ossessivo compulsivo, anche lei ossessionata da un corpo imperfetto e da una totale mancanza di grazia che rendono il personaggio l’anti-stereotipi-femminili per eccellenza e che valgono all’attrice il Golden Globe 2013 per Migliore Attrice in una commedia. Se per certi versi ricorda una Bridget Jones in erba, per altri Hannah Horvath è l’emblema del dilemma dei giovani, non solo d’oggi ma di sempre: cosa farò nella mia vita? Aspirante scrittrice tormentata dalla necessità di pagare l’affitto, Hannah/Lena si muove per le strade di New York incappando in personaggi bizzarri ma sempre accompagnata dalle tre amiche di sempre. La mente rimanda inevitabilmente a Sex & The City ma senza tutta quella moda un po’ kitsch e colorata: quì c’è solo l’amicizia tra ragazze, i loro problemi quotidiani, sesso e alcol.

HBO's 2013 Golden Globes Party at the Beverly Hilton Hotel - Arrivals Featuring: Lena Dunham Where: Los Angeles, CA, United States When: 13 Jan 2013 Credit: Apega/WENN.com
HBO’s 2013 Golden Globes Party at the Beverly Hilton Hotel – Arrivals
Credit: Apega/WENN.com

Il talento di scrittrice, sceneggiatrice e attrice della Dunham è solo uno dei motivi per cui Girls è, senza dubbio, una delle serie televisive rivelazione degli ultimi anni. Il motivo unanimamente riconosciuto dalla maggior parte dei critici di settore è l’accurata analisi che la Dunham fa delle non-più-ragazze/non-ancora-donne (do you remember, Britney Spears?) contemporanee, analisi che passa per la rappresentazione delle suddette girls attraverso quattro personaggi, perfetti nella caratterizzazione, nei loro punti di forza e di debolezza: la già citata e complessata Hannah, la boho-chic (e non solo dal punto di vista modaiolo) Jenna, la perfetta Marnie, la maniaca del controllo Shoshanna. Come denuncia la stessa Dunham nel primo episodio della serie, lei è “la voce della sua generazione”. Ok, forse è un po’ presto per lasciarsi andare ad una considerazione di questa portata, ma è ciò a cui la Dunham sta abituando il pubblico. Anti-diva ma sensuale all’occorrenza (vedi le foto scattate per Vogue USA di febbraio, al centro di una polemica sui ritocchi con Photoshop), la Dunham non esita a usare il suo corpo certamente imperfetto agli occhi dello show business americano per veicolare un messaggio squisitamente femminista, lontano dalle polemiche sullo sfruttamento del corpo femminile da parte dei media e focalizzato sulla creatività della mente delle donne, sulle loro paure, le loro ansie e i loro successi. Questo è il motivo per cui la Dunham ci piace e farà sicuramente strada.

In chiusura una delle scene più belle della prima stagione, emblematica: Hannah indugia su Twitter, per poi cinguettare “All adventurous woman do” e lasciarsi andare ad un liberatorio balletto con l’amica di sempre Marnie. Enjoy it.

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