Il fatto è che mi è venuto un dubbio: e se quei due ragazzi avessero ragione? In tal caso avrebbero ragione loro, disse pacatamente il dottor Cardoso, ma è la Storia che lo dirà e non lei, dottor Pereira.
Antonio Tabucchi, Sostiene Pereira, Feltrinelli, p. 122
Questo è uno di quei libri che DEVONO essere letti. Come Il nome della Rosa, La lettera scarlatta e Pastorale americana (che non ho letto, ma rimedierò a breve).
Non è il mio primo approccio alla scrittura di Tabucchi e non sarà certamente l’ultimo, perché leggere un libro di Tabucchi significa intraprendere un viaggio all’interno di sé stessi sulle onde di una prosa poetica, che è una delle cose più belle che esistano.
Ho letto “Il gioco del rovescio” e “Il filo dell’orizzonte”, mi sono innamorata dei suoi personaggi che profumano sempre di lui. Non che io l’abbia mai conosciuto, eppure è proprio così: i suoi personaggi emanano un aroma familiare e al contempo esotico, una caratteristica propria di chi è nato in Italia ma ha trovato altrove la sua madrepatria.
Nel caso di Antonio Tabucchi la sua patria adottiva è stato il Portogallo, dove i colori di città come Lisbona e Porto si mescolano al caldo, alla limonata presa in un bar, alla trama fitta del lino indossato in estate. Non sono mai stata in Portogallo eppure sento di averlo visto, grazie alle vicissitudini di personaggi come Pereira.
“Sostiene Pereira” racconta la storia di un giornalista, Pereira, responsabile della pagina culturale di un quotidiano, il quale si ritrova coinvolto nelle vicissitudini di un giovane pasonario: siamo negli anni della dittatura di Salazar e il giornale è schierato con il dittatore, ma a Pereira poco importa. Vedovo e senza figli, passa le sue giornate tra la redazione, il suo appartamento e un cafè in cui pranza tutti i giorni: la sua routine è spezzata quando assume il giovane Monteiro Rossi affinché scriva i necrologi di famosi scrittori ancora in vita, al fine di essere sempre pronti in caso di una loro improvvisa dipartita.
Ma Monteiro Rossi non ama la dittatura, vuole reagire e smuovere le coscienze e decide di farlo proprio attraverso la pagina culturale del giornale, scrivendo i necrologi di scrittori noti per le loro posizioni “reazionarie”, come Majakovskij. Il fervore di Monteiro Rossi colpisce Pereira, che inizia a dubitare della sua apatica quotidionità, della sua vita ma, soprattutto, del ruolo stesso della letteratura.
Qui mi fermo per non rovinare la lettura del libro. Anticipo solo che sono due i temi chiave di questo libro: l’inevitabile rapporto padre-figlio che si instaura tra Pereira e Monteiro Rossi, vero motore della vicenda (non a caso il protagonista non ha figli) e la consapevolezza della propria coscienza. Tutti abbiamo una coscienza ma non sempre ce ne ricordiamo e quasi sempre la abbandoniamo quando si parla di responsabilità civile e di presa di posizione rispetto agli accadimenti intorno a noi e nel mondo.
E’ un libro bellissimo, davvero apre le coscienze. E’ uno di quei libri che mi furono imposti dalla mia prof.ssa del liceo e infatti ricordo che mi approcciai ad esso non proprio positivamente: dopo la prima pagina era già amore!
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Quando l’amore per un libro ha inizio dalla prima pagina vuol dire che quel libro è magico! 🙂
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Già, ma capita raramente!
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Rieccomi! A proposito di libri meravigliosi, ti consiglio caldamente questo: https://wwayne.wordpress.com/2016/03/20/un-viaggio-memorabile/. L’hai già letto?
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Non ancora… Ma lo segno 🙂
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Ottima decisione! Grazie per la risposta! 🙂
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Non è la prosa che mi piace in questo libro, sebbene ne apprezzi la bravura e l’essenzialità. E’ il contenuto, l’appello indiretto che dice “aprite gli occhi”! Perché non si può vivere chiusi in una stanzetta e ignorare quello che succede fuori, anche se Pereira all’inizio ci prova.
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Esatto, è proprio questo il bello. 🙂
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