“Malcolm & Marie”

Sui social i commenti del tipo “è come un film di Muccino: urlano tutti” si sono sprecati. In effetti è vero: “Malcolm & Marie” di Sam Levinson, uscito su Netflix lo scorso 29 gennaio, è un film urlato. Urla John David Washington, interprete di Malcolm, attore sull’onda del successo dopo essere stato il protagonista di “Tenet” di Christopher Nolan. Urla Zendaya, anche lei all’apice del successo dopo il ruolo di Rue nella serie HBO “Euphoria” (Emmy per la miglior attrice in una serie drammatica 2020). La domanda è: sono urla motivate o dettate da un fine meramente stilistico?

Malcolm & Marie: Recensione

“Malcolm & Marie” era notizia ben prima della sua uscita. Infatti è uno dei primi film girati in piena pandemia, tra fine giugno e inizio luglio 2020, all’interno di una villa californiana in gran segreto (ma fortunatamente con il placet dei sindacati degli attori, registi e sceneggiatori americani).

Il film, un po’ per la pandemia, un po’ per le velleità del regista, è stilisticamente ricercato, quasi troppo. Girato in bianco e nero, in una villa di design sperduta nella campagna californiana, con due protagonisti che sono fin troppo belli ed eleganti. Tutto studiato con precisione millimetrica dal regista e dagli autori, forse banale in certi tratti ma indiscutibilmente bello da vedere per chi è amante dell’estetica.

MALCOLM & MARIE: LA TRAMA

La trama, almeno all’inizio, sembra anch’essa banale. Lui è un regista al suo primo film, lei la compagna modella-attrice senza una vera carriera in mano. Il film inizia con il ritorno a casa dei due dopo la prima del film. Quella che doveva essere una serata di trionfo per la coppia si trasforma però in un dramma perché scopriamo che lui, dopo la proiezione, è salito sul palco e ha ringraziato più o meno il mondo intero tranne lei, la sua compagna, la donna che gli sta accanto e che, scopriamo poi, ha ispirato il personaggio protagonista del film. Dalla prima discussione il film si snoda lungo un’escalation che alterna discussione e riappacificazione.

La regia indugia sui dettagli in cui si mescola decadenza ed eleganza – Marie ai fornelli in tacchi e abito da sera, Malcolm che mangia voracemente un piatto di cheese-maccheroni in camicia e cravatta.

MALCOLM & MARIE: LE TEMATICHE

La cosa che mi ha colpito di questo film è che enuclea quelli che dovrebbero essere i cinque capisaldi di qualsiasi persona coinvolta in una relazione. Cinque semplici regole da stamparsi in fronte e da seguire per fare in modo che la relazione funzioni.

NON DARE MAI PER SCONTATO L’ALTRO – perché può andarsene da un momento all’altro senza che tu te ne accorga.

RINGRAZIALO/A SEMPRE PER CIÒ CHE FA OGNI GIORNO – perché l’amore si vede anche nei gesti più piccoli.

NON RINFACCIARE MAI UN ERRORE PASSATO – perché se è passato e state ancora insieme sarà perché vi amate.

NON PORTARE RANCORE – perché il rancore è come un cancro che invade in maniera subdola e silenziosa la relazione.

NON RIVANGARE MAI GLI/LE EX – semplicemente perché non è carino nei confronti dell’altro/a.

Malcolm & Marie: sotto la coppia c’è di più

Il film, quindi, passa attraverso questi cinque diktat fornendo un valido spaccato dei problemi di coppia. Ma ha anche un altro merito. “Malcolm & Marie” si pone come statement politico in più punti, ponendo l’accento sul razzismo ancora presente nel settore cinematografico USA, dove un film è automaticamente etichettato come “politico” e “di denuncia” solo perché girato da un regista afroamericano.

Se la prima verticale del film era una riflessione sul rapporto di una coppia in crisi, questa è la seconda verticale del film: il metacinema, una riflessione sul ruolo contemporaneo del regista, sul cinema come arte, sul cliché dell’attore come artista che deve vivere i drammi e le emozioni del proprio personaggio. Qual è il trait d’union tra le due verticali, tanto sottile quanto tangibile per tutto il film? Il rapporto tra il regista e la sua musa – in senso più lato il rapporto tra l’artista e ciò da cui trae l’ispirazione, tra realtà e percezione.

In conclusione, il film funziona perché è a strati.

Per goderne appieno bisogna strofinare la superficie.

Sotto la patinatura degli abiti da sera, del bianco e nero, del design della villa e i problemi di una coppia all’apice del successo ci sono la tossicità di una dipendenza, la tossicità di un razzismo che è ancora troppo radicato nella sfera sociale americana. Per quanto siano belle queste apparenze, non soffermatevici. Immergetevi in “Malcolm & Marie” cogliendone le sfumature, cercando quelle frasi e parole non dette ma comunicate con gli sguardi.

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