“Nope”. Una riflessione sulla società dello spettacolo

Per tutti i cinefili del globo ma soprattutto per tutti gli amanti del genere horror, il terzo film di Jordan Peele, acclamato regista di “Scappa – Get out” e “Noi” (entrambi attualmente in streaming su Netflix, se non li avete ancora recuperati allora FATELO) è un appuntamento imperdibile.

ritratto di uomo
Jordan Peele.

Fatto: Jordan Peele ci ha ormai abituati a una certa ricercatezza autoriale che lo rendono uno dei nomi più interessanti della Hollywood contemporanea. Se poi vogliamo restare nel solo circolo del genere horror, lui e Ari Aster (“Hereditary”, “Midsommar”) hanno il merito di aver ridato lustro a un genere, quello dell’horror, che nell’ultimo decennio si è perso dietro a blockbuster apprezzabili e film che ricalcano il cliché della biondina perseguitata. Il genere horror aveva bisogno di nuova linfa vitale e sia Peele che Aster hanno contribuito a darla.

Tornando a Jordan Peele, il nostro ha sempre ascritto ai suoi film una valenza duplice, in cui il sottotesto della trama lascia spazio a un’analisi, spesso crudele e implacabile, della nostra società. Questo vale anche per “Nope”.

Tolta la sovrastruttura della trama, tolti gli effetti speciali e tolti tutti gli espedienti narrativi, quello che resta è una critica lucida e impietosa della società in cui viviamo, società che è assoggettata all’immagine, alla visione, allo sguardo degli altri. Visione che è il perno attorno al quale ruota l’industria cinematografica, destinataria dissimulata-ma-non-troppo della critica di Peele.

Questo è deducibile da più elementi ed eventi nel corso del film. Per esempio, il padre dei protagonisti muore a causa di una monetina nell’occhio. I protagonisti rischiano la vita per immortalare un’immagine dell’alieno e mandarla in onda nel programma di Oprah Winfrey. Per proteggersi dall’alieno, basta non guardarlo. Il motociclista/reporter di TMZ che, anche in punto di morte, implora per una foto o un video. E ce ne sono molte altre.

La scena in cui OJ ed Em decidono di fare un video da mandare allo show di Oprah Winfrey.

Tutti questi sono indizi che Peele lascia lungo il film per rivelarci una verità già nota: siamo obnubilati dall’immagine, quella degli altri e la nostra. Dal desiderio di vedere ed essere visti a tutti i costi. Oggi tutto è spettacolo, prima grazie al cinema e alla tv, ora grazie anche e soprattutto ai social media. È l’estremizzazione di Guy Debord e della sua società dello spettacolo che nell’età contemporanea sta trovando la sua massima realizzazione.

La prova ultima di questa posizione di Peele è la locandina del film, con un primo piano dei protagonisti che guardano verso il cielo.

L’immagine sulla locandina del film.

Oggi siamo tutti spettatori e, quando non lo siamo, vogliamo fare in modo di avere degli spettatori, proprio come OJ ed Emerald che bramano di catturare non l’alieno ma la sua immagine per trasmetterla in tv. Ognuno di noi, quando pubblica un contenuto sui propri social media, lo fa per degli spettatori.

A prescindere da qualsiasi elucubrazione filosofica, “Nope” è comunque un gran bel film, tra gli imperdibili di questa estate.

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