“L’idiota” di Dostoevskij non è poi così idiota

“Anche idiota mi credono tutti, non so perché, e in realtà un tempo fui tanto malato, che allora ero proprio simile a un idiota; ma ora che idiota potrei essere, quando capisco anch’io che mi ritengono idiota?”.

da L’idiota di F.Dostoevskij, Giulio Einaudi editore, p.77

La domanda che mi è ronzata in testa durante la lenta e faticosa lettura de L’idota di Dostoevskij è: “Ma Myskin, ci è o ci fa?”. All’inizio la risposta era “ci è”, perché i suoi comportamenti privi di ogni logica e di senso della realtà non potevano che farmi pensare questo. Poi arriva l’amore, la passione, e sono giunta alla conclusione che Myskin ci fa. No, non è un idiota, anche se Fedor Dostoevskij fa di tutto per farci credere il contrario, per illuderci che Myskin sia in realtà una persona buona o, come scrisse D.H. Lawrence in una lettera a Katherine Mansfield del 1916, l’emblema della gioia di essere divorati come un agnello cristiano “tutto trascendendo nella propria consapevolezza”.

Devo confessare che L’idiota è stato il mio primo approccio a Dostoevskij. Ho letto Tolstoj ma Dostoevskij mi mancava. Sapevo che non sarebbe stata una lettura facile perché i russi non sono mai una lettura facile: bisogna essere pronti, prima di iniziare la lettura, a scontrarsi con mille personaggi caratterizzati da un nome, un cognome e un patronimico, un insieme il più delle volte impronunciabile (Fedorovna, Fedorovic, Filìppovna, Ivànovic…). Inoltre bisogna essere psicologicamente pronti a regressioni di millemila pagine sulla morale, l’etica, la Chiesa, la giustizia, veri e propri soliloqui dell’autore che, per bocca di uno dei personaggi principali, esterna il proprio insindacabile giudizio in materia. Per non parlare dello spessore psicologico dei singoli personaggi, in particolare le donne: dall’Anna Karenina all’Aglaja e alla Nastas’ja de L’idiota, le donne dei romanzi russi sono tutte caratterizzate da una velata follia che le rende uniche, più complicate delle donne reali.

Tutti questi elementi non bastano a spiegare la vastità del romanzo russo, ma sono i punti chiave da tenere a mente quando ci si accinge alla lettura di un Tolstoj, un Dostoevskij o un Puskin. Non si scappa. Sarà difficile, in alcuni momenti vi verrà voglia di abbandonarlo, scaraventarlo dalla finestra o saltare interi capitoli in cui non succede nulla ma è spiegata per filo e per segno la questione della pena di morte nelle fredde regioni russe. Il mio consiglio è insistere e resistere, perché quando arriverete all’ultima parola dell’ultimo capitolo la soddisfazione personale per essere riusciti a finirlo è impagabile. Ma soprattutto quel romanzo russo, come tutti i libri, vi avrà inevitabilmente lasciato qualcosa.

La domanda è: cosa mi ha lasciato “L’idiota” di Dostoevskij? La risposta: la conferma che gli scrittori russi sono tosti ma riescono con incredibile facilità a rendere una vera e propria tensione erotica che permane per tutta l’opera. Nel caso de “L’idiota”, la vicenda amorosa che ruota attorno a Myskin, Rogozin, Nastas’ja e Aglaja: i quattro si rincorrono, si amano, si odiano e si fanno del male per tutto il romanzo, e senza mai proclamare l’amore vero, quell’amore puro e idealizzato che nasce dall’amor cortese e dal dolce stil novo per poi spandersi a macchia d’olio in tutta la letteratura moderna europea. In “Menzogna romantica e verità romanzesca” René Girard dice che il desiderio e l’erotismo nascono da una volontà di imitazione: non c’è più il binomio soggetto-oggetto desiderato ma il triangolo soggetto-oggetto desiderato-mediatore, dove il mediatore è il modello, l’oggetto dell’invidia, colui che ama e che fa nascere nel soggetto l’amore per l’altro. E’ l’intruso, il rivale in amore.

Ne “L’idiota” questo è palese: Myskin, l’idiota, è incaricato di consegnare un bigliettino ad Aglaja. E si innamora di Aglaja. Nel primo capitolo, in treno, Rogozin gli parla di Nastas’ja, e quando la incontra finisce anche lui per innamorarsene. Un perfetto triangolo girardiano, se non fosse che Myskin è il soggetto di due triangoli, quello Myskin-Nastas’ja-Rogozin e quello Myskin-Aglaja-Gavrila. E nella lettura è facile perdere la testa nello star dietro alle turbe mentali di Myskin, che prima resta colpito da Aglaja e poi impazzisce dietro Nastas’ja. Da questo è nato il mio odio per il personaggio di Myskin: non prende mai una posizione netta, è un ignavio, non solo nella scelta dell’oggetto del desiderio ma anche in altre occasioni. Non sa mai come comportarsi, e nelle discussioni le brutte figure vanno sprecate. Dostoevskij ha voluto dar vita a un personaggio assolutamente buono, che sembra quasi sprizzare bontà dai pori. La mia domanda però è: essere buoni e avere un’indole buona è sinonimo di idiozia? E’ questo l’elemento che mi sfugge e che mi trova in disaccordo con Dostoevskij. Finito il libro avevo voglia di chiamarlo e dirgli “Ok, è buono, ma perché è anche idiota?”. Da dove viene l’identità bontà=idiozia?

Resterò con questo dubbio ma spero di riuscire a togliermelo con il prossimo libro di Dostoevskij che leggerò.

 

8 pensieri riguardo ““L’idiota” di Dostoevskij non è poi così idiota

  1. “L’idiota” è un capolavoro assoluto, o almeno relativo, nel senso che è il mio parere. La domanda “ci è o ci fa?” secondo me non è decisiva, e comunque, sempre secondo me, “ci fa perché ci è”. Come molti dei personaggi di Dostoevskij, Myskin è spinto all’estremo, ed è evidente che nella realtà non lo si incontra tutti i giorni.
    Su Dostoevskij in generale, posso solo dire che ho letto le sue opere ciascuna almeno due volte, alcune anche cinque, pur tenendo presente che su questioni ideologiche posso dissentire da lui. Ti consiglio, se vorrai proseguire nella sua scoperta, almeno questi titoli: “Memorie dal sottosuolo”, “I demoni”, “Delitto e castigo” e “I fratelli Karamazov”. E poi ti consiglio tutte le altre opere. 🙂

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    1. Grazie per il consiglio, lo seguirò sicuramente! Ho già “I demoni” che mi guardano dallo scaffale in cagnesco… appena avrò il coraggio li affronterò di petto 🙂 Dostoevskij nelle lettere parla di un personaggio “assolutamente buono” e ciò che mi sfugge in Myskin è il rapporto tra idiozia e bontà. “Ci fa perché ci è” ma forse non è poi così tanto: è conteso da due bellissime donne e per tutto il romanzo ostenta vittimismo. La mia domanda è se non ci sia un “substrato” nascosto di premeditazione e intelligenza nel suo personaggio…

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      1. Ma Myskin è molto intelligente, la sua idiozia non è stupidità, ottusità, tutt’altro, io direi che è piuttosto un’incapacità congenita di pensare il “male”.
        Una citazione chiave la porto nel portafogli con me da tanti anni. Ne riporto solo un frammento finale:
        “Può darsi che anche qui mi si prenda per bambino, e sia! Anche idiota mi credono tutti, non so perché, e in realtà un tempo fui tanto malato, che allora ero proprio simile a un idiota; ma ora che idiota potrei essere, quando capisco anch’io che mi ritengono un idiota? Io entro e penso: “Ecco, mi ritengono un idiota e io invece sono intelligente, e loro nemmeno lo sospettano…” Questo pensiero mi viene spesso”.
        Il “substrato”, dunque, c’è. 🙂
        In realtà, “L’idiota” è un romanzo con talmente tante implicazioni che è difficile scriverne.
        In quanto ai “Demoni”, lasciati sedurre dallo sguardo in cagnesco, non te ne pentirai. 😉

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  2. Non è assolutamente mia intenzione quella di voler peccare di saccenza, ma in questo articolo leggo così tante inesattezze di fondo che mi spingono a dover commentare. Prima di scrivere un articolo/recensione io sono dell’idea (forse antiquata) che bisognerebbe essere sicuri di aver compreso l’argomento di cui si tratta e soprattutto di essere abbastanza informati sul testo e contesto in questione.
    Passino i commenti soggettivi sulla “difficoltà” del romanzo, passino le impressioni del tutto personali sui vari personaggi e sui temi proposti, passino le esortazioni a finire il libro “per la soddisfazione di finirlo”… Però, ci sono molti però. Ma non vorrei dilungarmi troppo e molto brevemente vorrei farti notare delle cose.
    Quasi tutti i nomi citati sono oggettivamente scritti in maniera scorretta, e penso che pubblicando articoli/recensioni almeno a queste piccole cose bisognerebbe porci un minimo di attenzione. Il nome dell’autore è Fëdor Dostoevskij, poi abbiamo Fëdorovna, Fëdorovič, Myškin, Puškin, Rogožin. Quei “segnetti” strani fanno parte del nome, che al massimo può essere traslitterato in inglese, se proprio risulta così faticoso copiarli ed incollarli ogni volta.
    Ma soprattutto la riduzione dell’intero romanzo a due triangoli amorosi la trovo del tutto superficiale e semplicistica: non si sta parlando di un romanzo d’amore, di un romanzo sentimentalista o romantico. I riferimenti alla letteratura europea e all’amor cortese sono del tutto fuoriluogo, e forse sarebbe più opportuno approfondire prima il retroscena culturale russo per poter azzardare dei riferimenti del genere.
    Il centro dell’opera poi sono proprio quelle digressioni importanti sulla società russa dell’epoca, sui modi di agire e di pensare, proprio quelle digressioni che tu esorti a “superare” con ostinazione e coraggio, come se si trattasse di un ostacolo insormontabile o di una cattiva medicina da inghiottire, perché sotto prescrizione del medico.
    E arriviamo infine alla questione del titolo: l’idiota.
    All’epoca di Dostoevskij i malati venivano essenzialmente definiti “idioti”, e Myskin rientra immediatamente nella definizione di idiozia, proprio a causa dell’epilessia di cui soffriva (stessa malattia che colpì l’autore in seguito al suo periodo siberiano). È chiaro che venga anche additato (ingiustamente, e pensavo fosse ovvio capirlo ma evidentemente non lo è) da chi lo circonda come idiota a causa del suo atteggiamento ingenuo e bonario, ma di fondo c’è il tema centrale della malattia. Se, da una parte, ciò lo condanna agli occhi diffidenti della gente, dall’altra gli consente di vivere dei veri e propri “momenti catartici”, durante i quali la verità e l’essenza della vita gli appare come a nessun altro personaggio. Myskin è un unicum letterario, non rappresenta semplicemente la “bontà” che comunemente si può attribuire a qualcuno che si incontra. La sua è una predisposizione dell’animo che lo pone in una superiorità e profondità interiore distante da chiunque altro.
    Dostoevskij non intendeva assolutamente dire che essere buoni significa essere idioti, è del tutto folle giungere a una conclusione del genere, significa semplicemente non aver compreso neanche lontanamente il senso del romanzo.
    Ti inviterei ad assicurarti di capire e di sapere ciò di cui vorresti scrivere, prima di occuparti a recensire capolavori della letteratura mondiale.
    Spero che tu non me ne voglia e che prenda questo commento per quello che è: un semplice ma spassionato consiglio.

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    1. Salve Atena,

      Grazie per il tuo commento.

      Vorrei rispondere punto per punto alle questioni da te sollevate:

      – “Passino i commenti soggettivi sulla “difficoltà” del romanzo, passino le impressioni del tutto personali sui vari personaggi e sui temi proposti, passino le esortazioni a finire il libro “per la soddisfazione di finirlo” – Ovvio che passano impressioni ed esortazioni: è un mio un punto di vista, non un saggio critico sul testo e sull’autore;
      – “Quasi tutti i nomi citati sono oggettivamente scritti in maniera scorretta, e penso che pubblicando articoli/recensioni almeno a queste piccole cose bisognerebbe porci un minimo di attenzione” – Si, mi trovi molto d’accordo. Avrei potuto spendere del tempo a curare l’ortografia dei nomi russi.
      – “Il centro dell’opera poi sono proprio quelle digressioni importanti sulla società russa dell’epoca, sui modi di agire e di pensare, proprio quelle digressioni che tu esorti a “superare” con ostinazione e coraggio” – è un mio pensiero, ti ricordo che viviamo in una società in cui, fortunatamente, ognuno può dare la sua opinione (secondo te magari errata, ma pur sempre un’opinione);
      – “Ti inviterei ad assicurarti di capire e di sapere ciò di cui vorresti scrivere, prima di occuparti a recensire capolavori della letteratura mondiale.” – Si ok, ma tu chi sei? Perché io sono una persona che sul suo piccolo, anonimo blog scrive recensioni dense di opinioni personali, perché leggo per il piacere di farlo e voglio dare un’opinione su ciò che leggo. Ciò che scrivo è quindi frutto di una mia idea, una mia sensazione;
      – “Spero che tu non me ne voglia e che prenda questo commento per quello che è: un semplice ma spassionato consiglio” – Non te ne voglio assolutamente, anzi ti ringrazio nuovamente per il commento ampiamente articolato. Però un consiglio voglio dartelo anche io: esci dai tuoi schemi e lascia che le persone la pensino come vogliono, anche sui capolavori della letteratura mondiale. Non è un problema, la vita continua.

      Detto ciò, non mi spaccio per un’esperta di letteratura russa: se così fosse, avresti tutte le ragioni per rispondere in modo piccato. Invece sono, come ho già detto, una semplice, appassionata lettrice a cui piace tenere nota delle impressioni e delle emozioni che le suscitano le diverse letture. Tutto qui. Comunque grazie per tutti gli appunti.

      Ora toglimi una curiosità: sei forse del segno dell’Ariete o della Vergine? 🙂

      Un saluto.

      S.

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  3. Myskin non ama Nastasja, prova per lei la stessa pietà provata per Marie in Svizzera. E’ un personaggio positivo, vicino alla figura di Cristo, ma nel mondo e nella società questa bontà portata all’estremo è negativa e la sua profonda compassione gli impedisce di fare scelte (come tra Aglaja e Nastasja), lo porta ad accarezzare la testa dell’assassino senza la minima consapevolezza di ciò che Rogozin abbia appena compiuto.

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