Essendo un “dramma di memoria”, Lo zoo di vetro può essere rappresentato con insolita libertà di convenzioni. Fatto com’è di una materia delicata o tenue, ha bisogno di un’atmosfera ricreata con tocchi leggeri e di una regia sapiente e sottile.
Tennessee Williams, Lo zoo di vetro, note di regia
Chi ama leggere e chi ama il cinema non può non adorare i testi teatrali. Immaginare la scena sul palcoscenico, le luci, i costumi dei protagonisti, adattandoli di volta in volta al testo ma anche al proprio gusto personale.
Con Lo zoo di vetro c’è poco spazio per l’immaginazione: Tennessee Williams istruisce noi, registi mentali della sua opera, su come metterla in scena. Il palco non può riprodurre una reale casa americana degli anni Quaranta ma deve essere scarno e impoverito. Senza pretese come l’anima dei protagonisti.
La scena è memoria, quindi irreale. La memoria si concede molte licenze poetiche: omette particolari, e altri ne esagera, a seconda dei valori emotivi degli oggetti sui quali si posa, perché la memoria risiede principalmente nel cuore. L’interno della casa è dunque misterioso e poetico.
Scena prima, parte prima
Rieccomi! Tennessee Williams ha scritto anche il soggetto di questo splendido film: https://wwayne.wordpress.com/2013/11/21/guardatelo-2/. L’hai visto?
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L’ho visto molti anni fa a teatro; è stupendo!
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A teatro non l’ho mai visto… Devo rimediare!
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